Coronacoin, la cripto che specula sul Coronavirus

C’è chi non ha ritegno e specula senza farsi il minimo problema se l’azione intrapresa sia etica o meno. Di certo non è da premiare la nascita del CoronaCoin, la criptovaluta legata al Coronavirus e alle sue vittime.

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CoronaCoin criptovaluta non etica

Una scelta che ignora totalmente l’etica e il buon gusto al pari dei rialzi dei prezzi di mascherine e disinfettanti. La valuta digitale è stata lanciata un giorno fa utilizzando una piattaforma registrata nelle Isole Britanniche dell’Oceano Indiano. Il simbolo scelto? “$nCov”. In questo modo chiunque voglia fare del trading scommettendo sull’epidemia di Coronavirus può farlo, di base scommettendo su quante persone si ammalano e muoiono.

Una blockchain obiettivamente orribile dal punto di vista sociale che funziona in maniera molto semplice: il numero di CoronaCoin messi in circolazione corrisponde alla popolazione mondiale, quindi qualcosa di poco superiore ai 7,6 miliardi. Non essendo la criptovaluta minabile come il Bitcoin e le altre cripto non potranno mai essere creati altri token. Ecco quindi che la sua offerta calerà ogni due giorni in base al tasso di nuovi casi: questo fa pensare che più persone moriranno per via del virus, più il valore del CoronaCoin aumenterà.

Sviluppatori CoronaCoin refrattari a critiche

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Uno degli ideatori di questa criptovaluta ha sottolineato che si tratta di “una valuta deflazionistica” e che “con l’aumentare del numero di infetti/morti a causa del virus, il numero di token viene aggiornato ogni 48 ore e, per ogni infezione o morte, viene cancellato un token”.

Dare vita a un simile progetto economico non poteva che sollevare delle giuste critiche, soprattutto sui social network, dove la CoronaCoin viene considerata amorale e impietosa. Reazioni che non sembrano minimamente toccare gli sviluppatori del progetto i quali sostengono che il “CoronaCoin è un’aggiunta radicale e preziosa al ricco arazzo di criptovalute che oggi è sul mercato. È la prima e unica criptovaluta”, sottolineano, “supportata dalla prova di morte, basata su statistiche ottenute dall’Organizzazione mondiale della sanità”.

Parole che lasciano interdetti, anche se è stato annunciato che il 20% dei fondi dalla vendita della moneta virtuale sarà donato alla Croce Rossa. Magra consolazione per chi magari ha visto morire un proprio caro di questa malattia o vive nel terrore del contagio.

Può essere comprensibile il desiderio di dare vita a un progetto finanziario che sia in grado di portare un grande guadagno, ma allo stesso tempo ci si dovrebbe rendere conto di quanto sia altrettanto importante scegliere di muoversi in modo etico, soprattutto in contesti incerti come quello attuale.

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